Bocconcini di agnello alla birra * Ricetta riciclo *

Alzi la mano chi non ha avanzi del pranzo di Pasqua! A casa i cappelletti sono spariti tutti, ma ho ancora qualche fetta di agnello arrosto. Cosa faccio lo riscaldo come ho fatto con il vitello? Che noia! 

Mi sono ricordata di una ricetta che la nonna spesso mi preparava la domenica a pranzo, solo che il suo non era un avanzo del giorno prima, anzi!! Ho pensato di rivisitarlo, perché diciamocelo, un piatto riscaldato non è che faccia gola proprio a tutti! Se poi volete fare un figurone abbinate un buon vino, io optato per il Niurumaru della Tenuta degli Eruli, di cui vi parlerò al termine della ricetta! Anzi, colgo l’occasione e ringrazio il mio amico Francesco per aver permesso al mio blog di fare un prezioso passo avanti…da ora i piatti più particolari avranno un vino in abbinamento!

 

I bocconcini di agnello si sciolgono in bocca…se non resistete proseguite nella lettura!


Bocconcini di agnello alla birra * Ricetta riciclo *

 

INGREDIENTI (per 2 persone)

  • 2 porzioni di agnello arrosto (cosciotto)
  • 2 cucchiai abbondanti di farina
  • 1 bicchiere di birra
  • 2 cucchiai di olive nere taggiasche denocciolate

PROCEDIMENTO

Nella padella in cui preparerete l’agnello (io ho usato un padellino antiaderente con coperchio) versate la farina. Tagliate a tocchetti l’agnello e mescolatelo nella farina, in modo che aderisca uniformemente su tutti i lati. Accendete il fuoco più piccolo al massimo in modo da rosolare i bocconcini…dopotutto sono già cotti!

Quando la farina inizierà a dorare, unite le olive e mescolate, quindi la birra, mescolate nuovamente e coprite, abbassando la fiamma. Quando la birra inizierà a bollire, scoprite e alzate la fiamma. Lasciate sul fornello giusto il tempo di permettere alla birra di restringersi, si formerà un sughetto che è la fine del mondo!

Servite caldo!

Vino in abbinamento – Niurumaru di Tenuta degli Eruli

L’uva Negramaro (esatto proprio lo stesso nome della band italiana) fu probabilmente importata in Puglia dagli antichi Greci. Il suo nome deriva dal dialettale “niuru”, cioè il nero degli acini pienamente maturi, e “maru”, che ne descrive il caratteristico retrogusto amarognolo, ora superato grazie alla modernizzazione delle tecniche di vinificazione. Il Niurumaru è tipico del Salento, dove l’uva da il meglio di sè, fornendo 130 ettolitri di vino per ettaro.

Il vino ha un buon corpo, è di un colore rosso rubino intenso e ha un profumo caldo e avvolgente, di frutta rossa. Gradazione 13%.

Si abbina particolarmente bene alle carni di agnello e maiale e va servito a 16°C.

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